Figure retoriche. L’inquadratura dinamica: come creare immagini video efficaci

Figure retoriche: come creare immagini video efficaci

L’inquadratura dinamica: ecco le figure retoriche

Siamo felici di accogliere il nuovo incontro con i tutorial di Fabrizio Fogliato. Tema, come al solito, l’inquadratura dinamica. I trucchi per ottenere immagini efficaci. Questa settimana ci occuperemo di figure retoriche:

Le figure retoriche

Dall’avvento della fotografia i vari settori culturali si sono preoccupati di studiare i concetti di manipolazione. Il cinema, per sua natura, non è un’arte creativa. In quanto rappresenta, solo ed esclusivamente, la riproduzione del pre esistente.

Quindi, attraverso il cinema, è impossibile riprodurre la realtà. Ma si può solo riprodurre l’immagine della realtà. Dalla pittura, una delle arti cui maggiormente il cinema è debitore, proviene un importante riflessione sul concetto di manipolazione. E su quello vicino di percezione visiva.

Vale la pena di soffermarsi sulla differenza tra vedere e guardare. Vedere significa fermarsi alla superficie dell’immagine. E al suo contenuto manifesto. Mentre il guardare significa non solo soffermarsi sui vari strati figurativi dell’immagine. Ma anche l’analisi dei contenuti latenti.

Il pittore surrealista Magritte ha eseguito un dipinto in cui è riprodotta una pipa. Oggetto accompagnato dalla didascalia “Ceci n’est pas une pipe”. Questa non solo definisce i limiti dei parametri su cui si basa la percezione visiva. Ma anticipa quella che sarà l’impostazione base della pubblicità. Il contrasto tra immagine e testo.

Nel quadro di Magritte, infatti, ciò che si vede non è la realtà. Bensì il suo significato spostato su un altro piano, quello del significante.

Figure retoriche, tecniche per inquadrature video efficaciOgni medium ha proprie leggi e codici. Questi ne sostengono e ne cambiano il linguaggio. Quello del cinema, e dell’immagine in movimento, è un linguaggio fatto prevalentemente di simboli. Cioè il contenuto di ogni fotogramma sono strutturati sulla somma tra significante (la manifestazione fisica del segno) e significato (il valore semantico del segno).

Denotazione e connotazione

Il cinema è fatto prevalentemente di segni. Cioè di oggetti usati come significanti del proprio significato. Ogni segno è costituito da diversi livelli. A seconda dei quali è possibile individuarne il contenuto. Ecco quindi:

  • Denotazione. Significato primario
  • Connotazione. Metonimia, metafora ovvero significati secondari

La denotazione è il significato universale. Quello che per la parola coincide con la definizione del vocabolario. Secondo il concetto di connotazione, il numero dei significati legati alla soggettività è infinito.

La connotazione è un significato supplementare con valenza soggettiva in funzione dell’emozione espressa.

Se utilizzo il sostantivo “madre”, esprimo una denotazione di carattere generale. Se utilizzo il sostantivo “mamma” esprimo qualcosa che implica un grado di qualità del rapporto affettivo.

Metonimia

Altro significato secondario è la metonimia. Nel cinema essa si esprime attraverso la rappresentazione iconica di un oggetto o di un soggetto che acquista valore di paradigma.

La metafora, cioè la sostituzione di un termine proprio con uno figurato. In seguito alla trasformazione in simbolo di un’immagine avviene seguendo due modalità distinte:

  • l’analogia naturale. Cioè lo spostamento della parola riproducente un oggetto riconoscibile all’interno di un’altra funzione. Ad esempio: la tromba delle scale
  • analogia concettuale. In cui il termine utilizzato corrisponde all’espressione di un concetto. Ad esempio: nascita = alba della vita

Infine il simbolo può assumere i connotati sostitutivi di un segno con il quale non intrattiene alcuna somiglianza. Ma solo caratteri arbitrari legati all’aspetto psicologico e culturale.

Magritte

Figure retoriche, tecniche per inquadrature video efficaciE’ nuovamente la cultura di Magritte. Con il quadro L’evidence eternelle a spiegare al meglio l’essenza selettiva della metafora.

Il quadro, diviso in cinque parti separati, riproducente una donna nuda. Esso rinvia si (in ogni sua parte) all’idea del corpo femminile. Ma ogni suo pezzo non riproduce niente altro che dei dati parziali. Mentre proporzioni, condizione e contesto, risultano chiari solo dalla visione completa dell’opera.

Il quadro di Magritte, anticipa quello che nel cinema è conosciuto come effetto Kulesov. Cioè l’esperimento attuato dal regista Lev Kulesov. In cui il primo piano inespressivo di un uomo è associato di volta in volta a tre situazioni distinte.

  • un piatto di minestra. E sul volto dell’attore si legge l’esigenza della fame
  • una donna morta. E sul volto dell’attore si legge il dolore
  • una bambina che gioca. E sul volto dell’attore si legge la gioia

Ma Lev Kulesov, riprende anche in forma diversa l’esperienza di Magritte. Montando diverse parti di corpo riprese da donne diverse. Che proiettate in sequenza mostrano una “nuova donna” inesistente e dissimile da tutte le modelle utilizzate.

Dagli esperimenti del regista russo, la scuola dei “formalisti russi”, definisce il montaggio delle attrazioni. Cioè quella tipologia di montaggio in cui un’immagine è associata ad una metafora. Che ne rafforza il significato e che la trasforma in simbolo. Concetto, che oggi giorno è riassunto nella produzione delle più svariate pubblicità.

Le figure retoriche: luce e ombra

L’illuminazione nel cinema è unita allo spazio illuminato. Cioè alla visione del contesto. Nel cinema esistono quattro tipi di scenografie:

  • realistica. Quando le riprese vengono effettuate in ambienti e spazi realmente esistenti
  • impressionista. Quando le riprese vengono effettuate in ambienti ricostruiti. Che vogliono essere riproduzione di quelli reali
  • espressionista. Quando ambienti e spazi vengono disegnati, utilizzando fondali dipinti. O trasformando teli e sipari
  • astratta. Quando la dimensione riprodotta è frutto di un artificio. Che riconduce ad una visione onirica

Anche per l’illuminazione, l’utilizzo delle tre luci principali è finalizzato alla restituzione dei quattro contesti. Le tre luci fondamentali sono:

  • fill light: la luce diffusa. Cioè quella luce attraverso la quale si illumina tutta la scena. Che nella maggior parte dei casi è una fonte luminosa proveniente dall’alto
  • key light: la luce di taglio. Cioè quella sorgente luminosa posta ai lati del soggetto. Attraverso cui si definisce il contrasto di luci ed ombre e mediante la quale si definiscono le linee dei volti
  • back light: il controluce. Cioè quella fonte luminosa, posta sul fondo della scena e di spalle al soggetto. Che tende a distaccarlo dal fondo

Attraverso l’utilizzo di queste tre luci è possibile quindi realizzare un’illuminazione realista, cioè simile a quella reale. Oppure impressionista, cioè legata alla rappresentazione di emozioni e sentimenti provati dai protagonisti. Espressionista, cioè legata alla psicologia e i rapporti che corrono tra immagine e sguardo. E astratta, cioè slegata da qualunque contesto oggettivo e emotivo.

Per meglio comprendere l’importanza della forza espressiva dell’illuminazione tra le figure retoriche del cinema, vale la pena riportare l’esempio contenuto nel prossimo paragrafo.

Le figure retoriche: il colore

Nel cinema, sia l’utilizzo del colore, che quello del bianco e nero, sono legati alla valenza espressiva. La profondità di campo non è riproducibile con il colore. Il colore riconduce l’immagine riprodotta alla realtà della quotidianità vissuta dallo spettatore. Ma anzi è funzionale ad una rappresentazione distorta della realtà.

Figure retoriche, tecniche per inquadrature video efficaciNel cinema, il colore, è espressione della fotografia. E quindi il risultato della sinergia che si instaura tra regista e dop. Nonostante le apparenze, il colore manipola e altera situazioni, emozioni e oggetti. Modifica la loro forza iconica su un livello simbolico e metaforico.

Deserto rosso

Il film Deserto Rosso (1964) di Michelangelo Antonioni, è esempio chiaro di questo intento. Nel film in questione abiti e scenografie sono colorati di volta in volta. I colori rappresentano all’interno dei vari snodi narrativi del film.

In Deserto Rosso i colori riproducono gli stati d’animo. Restituiscono le emozioni dei protagonisti. E determinano il significato della messa in scena attraverso la rappresentazione della realtà.

Risulta fondamentale pertanto con l’utilizzo del colore tra le figure retoriche, il concetto di direzione. Attraverso cui si definiscono i rapporti spaziali e il percorso che la luce compie tra la fonte e l’oggetto illuminato. L’obiettivo è quello di mettere bene in rilievo i protagonisti. E il ruolo che si ricoprono per favorirne il riconoscimento e l’identificazione.

Altro concetto da tener presente è quello della gerarchia. In cui vi è sempre un elemento primario che determina in ogni inquadratura il grado di importanza relativa dei vari elementi secondari.

Colori caldi e colori freddi

Il colore ha quindi un ruolo di primo piano nella composizione della messa in scena. E proprio per questa sua struttura è importante distinguere le componenti legate all’utilizzo del colore. Senza entrare troppo nel dettaglio si può dividere la luce in:

  • colori caldi (che vanno dal giallo al rosso), che attraggono maggiormente lo spettatore e che sono legati ad aspetti emotivamente coinvolgenti
  • coloro freddi (che vanno dal verde all’indaco), che respingono lo sguardi dello spettatore e che sono associati ad una rappresentazione oggettiva e distaccata degli eventi

Infine è di fondamentale importanza il concetto di leggibilità dell’immagine. In cui l’utilizzo più o meno complesso della gamma dei colori risulta determinante. La presenza di un numero basso di colori favorisce la percezione dei contenuti chiari e misteriosi da parte dello spettatore. Viceversa la presenza di un grande numero di colori la complica.

Comprendendo l’importanza delle figure retoriche, è possibile migliorare la quantità di significati. Per ottenere immagini sempre più efficaci e forti.

Deserto Rosso (Italia, 1964) di M. Antonioni

Ogni marchio ed ogni immagine vanno intesi a scopo di esempio didattico e appartengono ai legittimi proprietari.

Condividi

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati