In campo e fuori campo. L’inquadratura dinamica: come creare immagini efficaci

In campo e fuori campo: l’inquadratura dinamica

Come creare immagini efficaci lavorando in campo e fuori campo

Terza puntata degli affascinanti racconti di Fabrizio Fogliato. Parleremo dell’importanza dell’inquadratura, di cosa appare e cosa non appare. Di cosa includiamo nel quadro e cosa decidiamo – consapevolmente o meno – di lasciare fuori. In campo e fuori campo, insomma.

Argomento non da poco, la differenza tra in campo e fuori campo. Argomento che dovrebbe solleticare la curiosità di ogni filmmaker. O perlomeno di tutti quelli che non si limitano a pensare al film come ad una costruzione di convenzioni ormai sperimentate. Ma che si divertono a proporre suggestioni, alternative, curiose novità. Partiamo per questo viaggio all’interno di un cinema che non si esaurisce nel bordo nero dello schermo. Un cinema che prosegue ben oltre. Scrivetemi cosa ne pensate: e divertitevi.

In campo e fuori campo

Il quadro che circonda l’immagine può essere considerato, dal punto di vista teorico come una cornice immaginaria, cioè non tangibile. Ma dal punto di vista spaziale (cioè anche pratico) è definibile in base ad un doppio concetto. Quello di in campo e di fuori campo.

L’immagine pertanto, può essere definita non come un rettangolo bensì come un cubo. Di cui le altre cinque facce sono solo nascoste alla vista, ma esistono nel momento in cui vengono chiamate in causa.

Il campo è dunque ciò che lo spettatore vede, ciò che mostra il profilmico. Il fuori campo è tutto ciò che non viene mostrato ma che esiste in quanto parte dello spazio, di cui l’inquadratura è solo una minima parte.

Compito fondamentale della narrazione filmica è determinare l’esistenza di questi spazi contigui. Di costruire una dialettica tra essi e di rendere reversibile la loro presenza. L’obiettivo può essere raggiunto attraverso i codici primari del cinema: movimenti di macchina e montaggio.

Differenza tra in campo e fuori campo

Il fuori campo è determinante nella creazione tanto della suspance quanto della sorpresa, tanto dell’attesa quanto dell’imprevisto. E non è liquidabile facilmente solo come lo spazio attiguo all’inquadratura. In alto, in basso, a destra come a sinistra, davanti e dietro, ad esempio. Ma deve essere studiato, analizzato e utilizzato in funzione di due specifiche.

In campo e fuori campo - Inquadratura dinamica come creare immagini video - 3 di 10Quella del fuori campo attivo (che interroga lo spettatore, lo spinge a porsi domande) e quella del fuori campo passivo (in cui è un suono, un rumore, una voce a contestualizzare l’immagine).

La prima sequenza di M, eine Stadt sucht einen Mörder (M, Il mostro di Düsseldorf, 1931) di Fritz Lang. Qui l’immagine è interamente costruita sull’utilizzo della dialettica tra in campo e fuori campo. Dailettica, declinata sia attraverso i movimenti di macchina che l’utilizzo del montaggio.

Una lunga sequenza, in cui l’inquietudine dello spettatore per le sorti della piccola Elsie da un lato e per il dolore della madre dall’altro, cresce progressivamente.

Fino a raggiungere il climax attraverso una spasmodica (ma misurata) attesa e con la creazione di elementi interattivi che amplificano le dimensioni dello spazio.

Determinando, addirittura, la prevalenza del fuori campo “invisibile” su quella dell’in campo “visibile”.

Merito della maestria di Fritz Lang. Ma anche della potenza dell’istanza narrante che partecipa attivamente alla costruzione filmica e detta i tempi delle emozioni dello spettatore.

Il film si apre con un gruppo di bambini che cantano una sinistra filastrocca sull’ “uomo nero”. Tema che introduce inconsciamente (lo spettatore non sa ancora nulla) la figura di un assassino psicopatico che sequestra e uccide i bambini.

Cinematografia dello spazio

Un movimento di macchina a salire mostra il passaggio dal cerchio dei bambini al balcone soprastante il cortile. Da cui una donna li rimprovera per “l’orrenda tiritera” che stanno cantando i mocciosi.

Prima che la donna venga mostrata, lo spettatore sente la sua voce preoccupata proveniente dal fuori campo, che subito dopo entra in scena (e quindi diventa campo) con l’ultima parte del movimento di macchina.

In campo e fuori campo - Inquadratura dinamica come creare immagini video - 3 di 10Da notare che tanto la donna quanto i bambini altro non sono che figure/personaggi “veicolo” cioè che fungono da tramite per altri eventi e altri personaggi (non ancora mostrati).

Uscita dal balcone e rientrata nell’edificio, la donna suona ad un campanello. Introducendo così un nuovo spazio fuori campo, che subito dopo, con l’apertura della porta chiusa diventa campo con la presenza di un’altra donna.

La quale viene “avvicinata” dalla macchina da presa (con un lento movimento in avanti) determinando la potenza dell’istanza narrante. Istanza, che guida gli occhi e il cervello dello spettatore dicendogli: ecco lei sarà protagonista di questa prima parte della vicenda.

Anatomia della suspance in campo

Mentre la donna è intenta a preparare il pranzo, dal fuori campo proviene il suono di un orologio a cucù; la donna alza la testa e conduce il suo sguardo oltre il bordo dell’inquadratura, il campo successivo mostra il dettaglio di un orologio a cucù che segna le ore 12.00, poi torna nuovamente l’immagine precedente della donna che improvvisamente si fa sorridente (lo spettatore non conosce ancora il motivo di tale sorriso e rimane in attesa).

Dopo aver scoperto che il motivo del sorriso è per il ritorno della figlia da scuola. E dopo aver visto la piccola Elsie uscire dall’edificio scolastico, aver mostrato un’ombra inquietante stagliarsi sul manifesto che parla della taglia per la cattura del “mostro”. Infine, dopo tutto questo, il racconto torna nuovamente sulla donna e sui suoi preparativi. La scena segue, a questo punto, la costruzione classica del montaggio alternato. Mettendo in continua relazione due spazi e costruendo una dialettica serrata tra campo e fuori campo.

Man mano che l’attesa si dilata, la donna si fa sempre più preoccupata per l’assenza della figlia. Lo sguardo nella tromba delle scale deserta. Il sentire la corsa su per le scale e vedere (una volta aperta la porta) che non è Elsie.

Il suono del campanello che mostra l’arrivo del postino per la consegna del romanzo a puntate. Infine le voci provenienti dal cortile cui segue l’affacciarsi della donna nella speranza che sia sua figlia.

Suggestione e visione, in campo e fuori

La sequenza nella sua essenzialità e nel suo rigore trasferisce nello spettatore un’angoscia crescente costruendo una continua alternanza tra presenza (degli altri) e assenza (di Elsie).

In campo e fuori campo - Inquadratura dinamica come creare immagini video - 3 di 10L’ultima parte della sequenza riguardante la donna è costruita da Lang sulla sovrapposizione tra spazio vuoto e assenza. E introduce nello spettatore un complesso gioco psicologico cui a possibili speranze, subito seguono drammatiche disillusioni. Senza mai metterlo in condizioni di avere certezze fino al momento conclusivo della sequenza.

Dopo aver invano chiamato la figlia, la donna rientra nell’abitazione. Volge nuovamente lo sguardo all’orologio che ora segna le 13.15 e si affaccia nuovamente alla finestra. A questo punto seguono sequenzialmente tre stacchi fissi. Un plongée della tromba delle scale vista dall’alto (quasi uno sguardo divino). La mansarda con i vestiti della figlia stesi (quelli che Elsie non metterà mai più). E il piatto e le posate che giacciono sul tavolo.

Tre spazi in campo che si spingono però verso il fuori campo. Visto che riguardano l’assenza di Elsie, ma anche perché sulle tre immagini è sovrapposta la voce-off della madre che chiama la figlia.

Nella complessità di questa sequenza del film di Fritz Lang si individuano dunque due risvolti narrativi ben precisi. La sequenza non racconta solo la scomparsa della piccola Elsie. Ma soprattutto il dolore della madre nella vana attesa del ritorno della figlia.

Mostrare e negare

In campo e fuori campo, determinano quindi, attraverso la loro dialettica. Il carattere fondante di ogni narrazione, e la soggettivizzazione del racconto. Mostrato attraverso il punto di vista affettivo della donna.

Recentemente, il regista austriaco Michael Haneke, ha fatto molto uso della dialettica tra in campo e fuori campo. E soprattutto ha fatto, dell’utilizzo del fuori campo attivo, la cifra stilistica del suo cinema. Per chi fosse interessato ad approfondire rimando alla lettura della mia monografia sul regista La visione negata. Il cinema di Michael Haneke, Ed. Falsopiano 2008.

In campo e fuori campo - Inquadratura dinamica come creare immagini video - 3 di 10In Funny Games (1997), l’autore austriaco costruisce un film “a tesi”. In cui ogni forma di violenza non viene mostrata ma in cui la sua assenza (ma presenza solo attraverso rumori e suoni), amplifica a dismisura la portata dell’orrore perpetrato. I due archetipi simbolici incarnati da Peter e Paul, non sono che tramite di questa violenza. Ogni aggressione nel film è improvvisa, repentina, imprevista, e si verifica solo ed esclusivamente nel fuori campo.

Nella sequenza in cui Georg (Ulrich Müehe) viene colpito con la mazza da golf, il movimento è quasi impercettibile. E la discrezione con cui l’atto violento non viene mostrato (negato agli occhi dello spettatore), paradossalmente, trasmette al meglio la forza e la veemenza del gesto.

In Funny Games, si potrebbe dire che la dialettica tra in campo e fuori campo si trasferisce su un livello psicologico. Secondo cui lo spettatore e continuamente indotto, e contemporaneamente, disatteso nella sua speranza per un lieto fine della vicenda. Mentre il regista “manipolatore”, attraverso l’istanza narrante, si diverte ad alimentare il circolo perverso che determina i fatti del film.

Indagare lo spazio e l’animo

La riflessione sul male costruita da Haneke, lo porta ad omettere e centrifugare ogni gesto violento. Mostrando “solo” gli esiti di questi atti: esiti che suscitano il “vero orrore” e che vengono determinati da una serie ininterrotta di trasgressioni delle convenzioni sociali e relazionali.

Nel caso della morte del piccolo Georgie, la struttura è chiara. La durata smodata del piano-sequenza fisso del totale che mostra il suo cadavere riverso a terra, il televisore imbrattato di sangue e l’apparente assenza nella stanza… Tutto è determinato dalla necessità di mostrare un fuori campo “simbolico”, quello dello sguardo dello spettatore. Che, attraverso la lunga durata, riesce a decifrare l’immagine e ad assumere su di sé l’orrore per l’accaduto. E contemporaneamente non smette di porsi (consciamente o inconsciamente non ha importanza) un domanda destinata a rimanere senza risposta: “Perche?”.

 

Film consigliati:

Funny Games (Austria, 1997) di Michael Haneke

Ogni marchio ed ogni immagine vanno intesi a scopo di esempio didattico e appartengono ai legittimi proprietari.

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